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Il Primo Congresso Artistico [ versione stampabile ]

Il Primo Congresso Artistico Italiano
e l’esposizione d’Arti Belle in Parma nell’anno 1870

Anna Mavilla

 

Se è vero che il più urgente bisogno dell’arte
nostra è quello di formare una scuola nazionale
che non distrugga le varietà locali, le quali formano
 una ricchezza preziosa in Italia; la via più efficace
 ad agevolare un tale scopo dovrebbe essere quella
 di promuovere tutto ciò che ravvicina e pone a
confronto le nostre scuole, ancora troppo segregate.
 Una Esposizione nazionale italiana che di tempo in
tempo avesse luogo nelle principali città d’Italia
 alternativamente, sarebbe utilissima, come utilissimi
sarebbero i concorsi nazionali simili a quello che dette
 il premio al Focosi. Non bisogna spaventarsi delle
difficoltà e degli inconvenienti che si incontrano sempre
 e per tutto, bisogna guardare al risultato generale
.

 P. Villari, La pittura moderna in Italia ed in Francia. Classi I. e II. Relazione di Pasquale Villari, in Relazioni dei Giurati italiani sulla esposizione universale del 1867, Firenze, Stab. di Gius. Pellas, 1869

Alberto Rondani, nel suo circostanziato commento a quello che fu per Parma l’avvenimento culturale più stimolante del decennio cruciale che succede al raggiungimento dell’unità nazionale d’Italia, focalizzava nella frase scelta ad emblema la matrice più autentica e persuasiva del grandioso progetto che aveva animato Pietro Martini(1), i energico segretario dell’accademia parmense, allorché il 19 aprile 1869 aveva proposto al Corpo accademico <<d’inaugurare con un Congresso artistico la statua rappresentante il sommo Correggio>>(2), di cui fin dal 1875 Agostino Ferrarini, direttore della locale Scuola di scultura, aveva offerto il modello, promuovendo al contempo un’associazione <<intesa a porgere i mezzi di tradurre in marmo>> il monumento ad Antonio Allegri(3). La proposta, accolta per acclamazione, era stata immediatamente partecipata al Ministero della Istruzione pubblica <<nella speranza di ottenere  […] i possibili aiuti>>(4). Nel contempo veniva stilato un Programma di massima, subito divulgato su quotidiani e periodici, il quale,  facendo propria l’esigenza di rassegne a raggio nazionale in cui mettere a confronto la produttività e la cultura delle diverse realtà regionali che uscivano da situazioni politico-economiche preunitarie assai diversificate (sull’esempio di quanto era stato tempestivamente attuato a Firenze  nel 1861 per iniziativa governativa con l’Esposizione Italiana), prevedeva il ripetersi, a scadenze prefissate e in città diverse (che avrebbero così avuto occasione di gestire a turno i vantaggi promozionali dell’esposizione), di una serie di importanti manifestazioni espositive.
Si metteva così in moto un meccanismo organizzativo che avrebbe caratterizzato anche le successive rassegne espositive cosiddette nazionali: l’iniziativa locale, promossa dall’Accademia di Belle Arti e sostenuta dal Municipio e dalla Provincia (che assegnavano rispettivamente 20.000 e 10.000 lire <<pei provedimenti necessarii a dar effetto in maniera degna alle proposte>>(5), veniva tempestivamente aureolata dal consenso formale del governo (interessato a sostenere le esposizioni nazionali come mezzo atto a favorire un rilancio della cultura artistica nel nuovo regno), i cui rappresentanti  (nella persona del ministro Angelo Bargoni prima e Cesare Correnti poi, e del segretario generale di Dicastero Pasquale Villari) si impegnavano a promuovere acquisti ministeriali delle opere esposte alla Mostra che avrebbe accompagnato il Convegno artistico per una somma non superiore alle 15.000 lire. Nel frattempo si costituivano un Comitato promotore, <<allo scopo di collegare moralmente insieme quanti nelle varie città aderissero alla proposta del Congresso>>(6), sotto la presidenza del marchese Filippo Gualterio (cui succedeva nel 1870 il conte Luigi Cibrario, ministro di Stato e senatore, nonché storico di corte, più tardi eletto Regio Commissario con decreto sovrano del 22 maggio 1870) con segretario Antonio Pavan, e un Comitato esecutivo, sotto la presidenza del conte Luigi Sanvitale senatore, con segretario Pietro Martini, dove l’autorità dell’Accademia, rappresentata da dieci <<egregi artisti>> su venti membri complessivi, era particolarmente forte(7).
Adunatosi per la prima volta il 23 ottobre 1869, il Comitato esecutivo fissò al mese di maggio l’apertura della Mostra, individuò quale sede il Palazzo del giardino, giudicato particolarmente adatto per ampiezza e amenità del luogo, e deliberò di diramare un Manifesto, in cui si invitavano, anzi <<caldamente>> si pregavano gli artisti a <<concorrere alla Esposizione e al Congresso>>, senza dimenticare di sottolineare la valenza economico-espositiva-promozionale che una grande assise nazionale come quella parmense avrebbe avuto in termini di vendite, tanto in ordine all’opportunità di acquisti da parte ufficiale, quanto alla  possibilità di ottenere premi, diplomi e menzioni che avrebbero costituito importanti credenziali per poter esitare anche in altre sedi le proprie opere(8). In una successiva adunanza il comitato rettificò le precedenti deliberazioni sul tempo e sul luogo dell’esposizione, fissandoli definitivamente a settembre  e nella sede del Palazzo dell’Università degli studi, <<convenientissimo in ogni rispetto>>(9), cui pose sollecitamente mano Luigi Bettoli nell’intento di <<abbellire e apparecchiare il vasto edificio per l’Esposizione>>(10), coadiuvato da Michele Oranger, Direttore de’ pubblici giardini della città, che trasformò <<quasi a miracolo>> un cortile ingombro di macerie in uno spumeggiante giardino, come non mancava di sottolineare con una certa enfasi <<Il Primo Congresso Artistico Italiano e l’Esposizione d’Arti Belle in Parma nell’anno 1870>>, giornale ufficiale per gli atti del congresso e dell’esposizione, impegnato a diffondere circolari e manifesti  del comitato esecutivo e a dar risalto alle tappe cruciali dell’ambizioso progetto(11).
Veniva quindi stilato il Regolamento per la Mostra Nazionale di Belle Arti in Parma, che ne prevedeva l’inaugurazione il 1° settembre in concomitanza con lo scoprimento della statua del Correggio e l’apertura del Primo Congresso degli artisti italiani, e la chiusura il 15 ottobre. Il Regolamento fissava altresì i criteri di ammissione  (<<opere originali>> di Architettura, Pittura e Scultura <<compiute dal 1862 in poi>> e <<qualunque lavoro, purché originale, che sia esteticamente riferibile alle tre arti sorelle>>, nonché opere <<le quali coll’incisione, o con altro mezzo, ritraggano in materia a guisa diverse l’originale, purché rappresentino un’arte speciale>>)(12); imponeva agli artisti di esporre le opere in cornice (<<esclusi gli ornamenti che potessero nuocere all’effetto delle pitture vicine>>)(13) e di accompagnarli con una scheda contenente i dati tecnici e la dichiarazione se essa fosse vendibile con il relativo prezzo; istituiva una rete di Sotto-Comitati locali (che si identificavano di fatto con le accademie di tutta la penisola) per favorire il meccanismo di cooptazione degli artisti espositori e curare l’invio dei lavori ammessi, che avrebbero dovuto trovarsi in Parma non più tardi del 1° agosto 1870; curava di aprire un ufficio idoneo ad agevolare e tutelare le vendite delle opere d’arte <<a richiesta di coloro che potessero avervi interesse>>(14); fissava i criteri per l’elezione dei giurati componenti il gran Giurì (scelti dal Comitato esecutivo fra i nominativi di persone reputate idonee a tale ufficio dai singoli Sotto-Comitati) e stabiliva i premi, consistenti in <<medaglie d’oro, d’argento e di rame>> accompagnate da un diploma(15).
Nel complesso si trattava di uno strumento alquanto complesso e farraginoso, come non mancava di notare con malizioso umorismo la <<Gazzetta d’Italia>>(16), in cui ogni eventuale dissenso era eliminato alla radice con nette esclusioni (il giudizio preventivo d’ammissione delle opere offerte così come quello della giuria sulle opere esposte erano inappellabili), e dove ancora determinante era l’egemonia accademica. Ciò nonostante, le scelte espositive dei Comitati, pur mostrandosi favorevoli alla “grande arte”, dove a tenere banco era il sontuoso realismo della pittura cosiddetta storica (63 i dipinti esposti), fecero generoso spazio anche a generi più graditi ad un pubblico borghese, e il cui smercio era favorito sia dalla maggiore accessibilità dei prezzi sia dalle dimensioni contenute delle opere, più adatte all’arredamento di interni. La pittura di paesaggio (191 quadri) che spaziava dall’ariosa rappresentazione della natura en plein air agli episodi tratti dal repertorio inesauribile della vita nei campi, agli interni prospettici, preferibilmente di chiese e sagrestie (genere particolarmente apprezzato a Parma che aveva avuto in Luigi Marchesi una grande promessa); la cosiddetta pittura di genere (80 i dipinti esposti), che comprendeva soggetti apparentemente inconciliabili, dal documentarismo celebrativo di episodi risorgimentali (che erano poi cronaca del presente), alla loro versione intimista, fino all’aneddotica più pura; la ritrattistica, genere culturalmente e socialmente autoreferenziale, e come tale particolarmente richiesto da una committenza borghese, in cerca di status symbol di facile approccio (33 le opere ammesse).
Di fatto, il successo dell’iniziativa cominciò a farsi evidente solo a luglio inoltrato, quando 634 risultavano le opere già ammesse per un totale di 226 espositori(17), mentre si erano ormai fatti quotidiani, e in proporzione via via crescente, gli arrivi di opere e bandiere da esporre(18), tanto che il 27 agosto il Comitato si vedeva costretto a procrastinare all’11 settembre, <<per il gran numero di opere spedite>> negli ultimi giorni, l’inaugurazione della Mostra e della statua del Correggio e l’apertura del Congresso artistico(19), di cui veniva intanto stilato il Regolamento ed indicati i quesiti proposti alla discussione delle sette sezioni previste (Istituti d’Arte; Educazione intellettiva degli alunni e premii; Società promotrici; Esposizioni e loro mezzi; Architettura; Arti industriali; Arti belle considerate nella loro importanza sociale educativa, nell’attinenza con altri insegnamenti e con la storia)(20).
Il Congresso costituiva un’occasione quanto mai importante per gli artisti di dibattere sull’organizzazione dell’arte nel suo rapporto con la società e con l’economia pubblica, tanto in ordine all’efficacia e alle modalità didattiche dell’insegnamento dell’ormai languente istituzione accademica (a Parma in piena crisi dopo l’annessione alla sede di Bologna, a seguito del decreto emanato da Carlo Farini il 6 marzo 1860, e ormai in odore di soppressione)(21), quanto in ordine alle loro opportunità economico-espositive, divenute una necessità generale in seguito alla scomparsa dei grandi committenti tradizionali, chiesa e monarchie preunitarie, travolti dai recenti rivolgimenti politici. Ciò premesso, destano comunque meraviglia l’elevato numero di iscritti al Congresso – 176 provenienti per la gran parte, oltre che da Parma (55), da Torino e Genova (25), dalla Lombardia (24), da Venezia (18) e dalla Toscana (14) – e l’originalità di alcune delle proposte avanzate, che lasciano intravedere una lucidità quasi manageriale nell’affrontare sia le problematiche mercantili e promozionali connesse alla professione artistica, sia la questione della formazione dei pubblici musei, dove gli acquisti governativi potevano rimanere visibili per sempre e fruibili da un vasto pubblico, a differenza dei tradizionali palazzi del potere in cui le opere delle quali lo stato si era assicurato la proprietà rimanevano sepolte per sempre(22).
Intanto, stavano accadendo in giro fatti e avvenimenti che era difficile ignorare: la guerra franco-prussiana, dichiarata da Napoleone nel luglio del 1870 con mossa suicida, si andava concitatamente avviando a conclusione: il 2 settembre a Sedan, un villaggio di frontiera con il Belgio, l’esercito francese veniva annientato e lo stesso imperatore catturato. Il giorno dopo, a Parigi, la popolazione dichiarava decaduta la monarchia e proclamava la Terza Repubblica. Mentre le truppe di Guglielmo I erano in marcia verso la capitale francese, il governo italiano, libero ormai dal timore che la Francia potesse intervenire, giudicava il momento propizio per impadronirsi di Roma, e ordinava alle proprie truppe di entrare nel territorio pontificio.
Ce n’era abbastanza per preoccupare gli sconcertati organizzatori del Comitato esecutivo, che dopo le prime, inevitabili incertezze che <<avevano fatto ventilare il progetto […] di tutto sospendere>>(23), il 7 settembre, con opportuna e tempestiva circolare, si affrettavano a rendere noto che <<Domenica 11 del mese corrente si apriranno in questa città (come  venne annunziato) l’Esposizione nazionale d’opere di Arti belle, ed il primo Congresso artistico italiano>>(24). Con una ben orchestrata strategia  faceva loro eco la <<Gazzetta di Parma>>, che non perdeva occasione di sottolineare come <<Quantunque le menti oggigiorno siano rivolte alle gravi contingenze politiche guerresche, pure crediamo che constatata la imprescindibile necessità di inaugurare il Congresso, la Esposizione  e la statua di un illustre nostro pittore, debbano i nostri concittadini interessarsi alla solennità artistica che domani viene inaugurata nella sala del Ridotto>>(25).
Finalmente, quell’attesissimo 11 settembre, in <<memoranda coincidenza>> con l’ingresso dell’esercito italiano nel territorio di Roma, tutte le inaugurazioni previste avevano luogo, come sottolineava Davide Rabbeno, all’epoca direttore della <<Gazzetta di Parma>> nel suo appassionato commento a quella memorabile giornata(26). Per prima la statua del Correggio, dovuta all’opera generosa e valente dello scultore Agostino Ferrarini, scoperta nella notte e visibile per la prima volta ai cittadini nella nicchia del Palazzo Municipale che le era stata destinata. Quindi, alle ore undici, nella sala del Ridotto del Regio <<degnamente arredata di bandiere coi colori vari dei municipi e che subito ci additano come nazionale sia la solennità che vi s’inaugura>>(27), il Congresso artistico e l’Esposizione, alla presenza delle autorità civili e militari, dei Consigli comunale e provinciale, dei componenti i Comitati esecutivo e promotore, degli artisti espositori, dei membri del Congresso e del corpo accademico parmense, e di un affollatissimo uditorio. Apriva la seduta il prefetto Veglio, a ciò delegato dal ministro dell’Istruzione Pubblica, assente <<per le cure speciali del suo ufficio>>, in realtà connesse con la particolare contingenza politica, come chiariva con velata ma pungente ironia Francesco Dall’Ongaro, membro della Giunta per la Conservazione dei monumenti nazionali ed <<inviato particolare>> del ministro Correnti,  fra gli applausi e gli evviva del pubblico eccitatissimo (<<Sua Santità il Sommo pontefice, non avendo, come pare, creduto poter accogliere l’ambasciata del Signor Conte di San Martino, sta per ricevere la visita del generale Nino Bixio>>)(28). Prendeva quindi la parola Alfonso Cavagnari, facente funzione di sindaco, che nel ricordare il grande Correggio e le sue luminose glorie, sottolineava come <<il pregio che distingueva le opere del Correggio riscontrasi pur qui: la unità nella varietà>>, e osservando come <<anche nella varietà delle scuole spiccasse sempre il tipo italiano>> ne concludeva che anche l’arte <<additava l’unità della patria nostra>> e faceva voti affinché proprio a Roma, <<maggior tempio delle arti>>, fosse possibile inaugurare il secondo congresso artistico italiano(29). Seguivano gli interventi del senatore conte Luigi Sanvitale, cui toccava di giustificare l’assenza di un altro illustre personaggio, il conte Luigi Cibrario Commissario Regio(30), e del sindaco di Correggio. Quindi, dopo un doveroso cenno alle numerose personalità che avevano assicurato la loro presenza, ma erano state impedite ad intervenire dalle gravi contingenze politiche o da subitanee infermità (ed erano veramente tante, fra cui Giuseppe Barini, Giuseppe Campori, Cesare Cantù, Pietro Estense Selvatico, e persino l’infaticabile segretario del Comitato promotore, il cavalier Antonio Pavan), ed una breve discussione sulla costituzione delle sezioni (che su consiglio di Carlo Felice Biscarra, segretario dell’Accademia Albertina, da sette venivano ridotte a quattro)(31), l’assemblea si scioglieva per recarsi a visitare l’Esposizione nel Palazzo dell’Università.
Il successo della Mostra, che esponeva 1126 opere nelle tre classi dell’architettura (255), della pittura (716) e della scultura (155) per un totale di 340 espositori(32), fu pieno e indiscusso, come ebbe a sottolineare non senza soddisfazione Pietro Martini nella sua relazione conclusiva(33), e come attestano i puntuali resoconti del cronista della <<Gazzetta>>, che pur nell’intento scopertamente elogiativo, inteso a tenere alta la fama della città protagonista dell’evento, non mancano di registrare che <<l’affluenza dei visitatori è continua […] e a detta di molti supera quella del 1861 che si tenne a Firenze>>(34). La buona riuscita della rassegna espositiva è leggibile in controparte anche nelle ripetute proroghe della data di chiusura, prolungata inizialmente al 23(35)e poi definitivamente al 26 ottobre, per la <<necessità di rinvio delle opere (che importa un faticoso e non breve lavoro>>(36). Lo stesso ministro della Pubblica Istruzione <<pose suggello alla solennità artistica>> venendo appositamente a Parma, e <<ne’ due giorni e mezzo in cui si trattenne, visitò ripetutamente la Mostra predetta, mostrandone la più viva soddisfazione>>(37), tanto da deliberare di assegnare un premio di 1.000 lire a ciascuno degli artisti che fossero stati onorati della medaglia d’oro(38). Anche gli artisti espositori vennero <<quasi tutti>> a visitarla <<ed a vantaggiare l’ingegno e la pratica loro con quei raffronti che sono, per gli studi e per l’incremento dell’Arte, un de’maggiori frutti che si traggono dalle Esposizioni>>(39).
Giusta gli intenti programmatici a suo tempo enunciati, l’esposizione intendeva presentare le varie scuole regionali di una nazione finalmente unita: rappresentatissima vi era la scuola napoletana con alcuni fra i suoi più conclamati maestri (Giuseppe Abbati, Saverio Altamura, Edoardo Dalbono, Marco De Gregorio, Achille Formis, Francesco Mancini, Achille Vertunni); così come la toscana che annoverava un’agguerrita pattuglia di interpreti ufficiali della pittura di macchia (da Odoardo Borrani a Giovanni Fattori, da Silvestro Lega a Telemaco Signorini); ma erano ben sintetizzate anche la situazione artistica veneta (con Vincenzo Cabianca), la ligure (con Giuseppe Isola, Ernesto Kayper), l’emiliana (con Gaetano Chierici, Luigi Serra), la piemontese (con Angelo Beccaria, Lorenzo Delleani, Antonio Fontanesi, Carlo Pittara), la lombarda (con Giuseppe Bertini, Mosè Bianchi, Gerolamo Induno, Angelo Inganni, Eleuterio Pagliano), né mancava un’esigua ma pur significativa rappresentanza femminile (Fulvia Busi e Maria Michis-Cattaneo da Milano, Giuseppina Dolce da Palermo, Francesca Gambacorti da Firenze, Giuseppina Osenga e  Adelaide Garimberti Spreafico da Parma, Luigia Pascoli da Venezia, Selene Scuri da Bergamo), a testimonianza di un fare artistico (il più delle volte esercitato solo in ambito familiare e per diletto, o presso lo studio di affermati maestri) di cui in molti casi, proprio per il suo rimanere confinato entro circuiti sostanzialmente appartati, si sono perse le tracce(40).
La situazione della pittura nazionale era sufficientemente completa e ben rappresentata da opere significative dell’evoluzione dei vari generi pittorici e dalla presenza di molti fra i pittori più importanti. Quanto al successo di pubblico e di critica (pur intendendo con questo termine una letteratura non specifica, prevalentemente elogiativa e spesso viziata di retorica, costituita quasi esclusivamente dalla pletora di scritti di commentatori generici usciti sui quotidiani locali e sul giornale ufficiale dell’esposizione), nella pittura di figura, di grandi dimensioni, di soggetto storico o letterario, si segnalavano Il trionfo di Mario suoi Cimbri di Saverio Altamura, una tela imponente (<<un quadro che è un’epopea>> l’aveva definito Alberto Rondani con la consueta acribia)(41), grandiosa anche nel prezzo (20.000 lire, il più alto di tutta la mostra), che aveva suscitato <<tanto grido>> tra il pubblico e gli amatori(42); ma anche Nidia (cieca) che tasta il volto di Ione per farsi ragione della bellezza di lei di Federico Maldarelli, Fabiola salvata da Sira di Cesare Maccari e Annibale Bentivogli prigioniero nel castello di Varano di Luigi Serra. Nella rassegna versatile ed eclettica dei soggetti di genere tenevano banco Gaetano Chierici, con una nutrita serie di composizioni ispirate alla ritualità del quotidiano familiare (Una scoperta, I figli del soldato, La maschera, La pappa, I primi passi), Gerolamo Induno col suo poetico Addio e Luigi Busi con la struggente Visita di cordoglio. Grande attenzione ebbe anche il genere patriottico, in cui trovava eco l’epopea che aveva condotto il paese all’unificazione sotto la corona della dinastia sabauda: fra i sei quadri di Giovanni Fattori, Luigi Norfini, Felice Cerutti Banducco e Mario Di Scovolo, che illustravano con diverse declinazioni episodi militari del processo di unificazione da poco concluso, quelli che più commossero il pubblico furono due fra i più eloquenti testi della pittura risorgimentale: Episodio della battaglia di Custoza. Il principe Amedeo ferito viene accompagnato all’ambulanza e La battaglia di San Martino del Fattori. Per il paesaggio grande interesse suscitarono La voce che sclama nel deserto di Achille Carillo, le tele orientaliste di Giuseppe Benassai, di Achille Formis e di Annibale Scognamilio, che ricordavano le spettacolari scenografie dell’amatissimo Pasini (<<lontano da sì lungo tempo dall’Italia, che ormai non è più nostro>> come notava malinconicamente il Rondani)(43), ed un quadro dal titolo intrigante, Sistema infallibile per ristorare la finanza italiana, di Carlo Pittara. Molto ammirati, infine, gli interni di chiese (soggetto particolarmente caro alla sensibilità romantica della città che aveva avuto in Luigi Marchesi, prematuramente scomparso nel 1862, <<uno dei più compiuti internisti d’Italia>>(44), firmati da Giuseppe Abbati, Domenico Battaglia, Paolo Catalano, Michelangelo Massara e Ciro Punzo, la cui Sagrestia dei Gerolamini a Napoli, <<interno pieno di luce e di verità e finitissimo in ogni sua parte>>(45), riscosse le maggiori attenzioni. Nella scultura a esercitare una straordinaria forza d’attrazione sul pubblico furono il Cristoforo Colombo giovinetto di Giulio Monteverde (il cui successo strepitoso veniva paragonato a quello ottenuto dal Napoleone di Vincenzo Vela all’Esposizione parigina del 1867) e il gesso Nostalgia di Cristoforo Marzaroli, particolarmente apprezzato per la valenza evocativa del soggetto, associato ai versi elegiaci composti dal conte Jacopo Sanvitale durante l’esilio in Francia seguito ai moti parmensi del 1830. Oggetto di particolare ammirazione furono pure l’Egizia e Mosca cieca di Francesco Barzaghi, Otello, busto in marmo e bronzo di Pietro Calvi, e La Leggitrice di Antonio Tantardini.
E se è vero che il peso economico dell’evento fu limitato (il bilancio complessivo dell’esposizione e del congresso artistico si aggirò sulle 30.00 lire e gli acquisti ministeriali furono solo sei)(46), molto generosa fu la distribuzione di medaglie, undici d’oro, quarantaquattro d’argento, settantacinque di bronzo, più cinque diplomi alla medaglia d’oro (per gran parte assegnati ad artisti defunti) e nove alla medaglia d’argento(47), premi che per gli artisti avevano maggior importanza degli acquisti ufficiali stessi, in quanto costituivano una sorta di <<malleverie super-regionali>>(48) per la loro produzione. Tuttavia, ad onta dell’abbondanza di medaglie e menzioni erogate, l’operato del Giurì ottenne assai tiepidi consensi, e non mancò di suscitare grande scalpore e quasi infinite polemiche locali in almeno due casi clamorosi: l’assegnazione della medaglia d’oro al Cristoforo Colombo giovinetto di Luigi Monteverde, ottenuta quasi a furor di popolo, nonostante <<una inconcepibile opposizione […] sorta in seno al giurì>>(49); e il “gran rifiuto” opposto dal pittore Michele Tedesco alla medaglia d’argento assegnatagli per La morte di Anacreonte, avendo egli appreso che la maggioranza dei giurati aveva trovato incomprensibile <<il genere di pittura e il modo di trattare il soggetto>>(50).  Del sentimento diffuso di insoddisfazione, che accusava la giuria di aver premiato <<gli artisti, non i lavori>>(51) (critica non del tutto peregrina, se si pensa che Alberto Pasini, del quale nessuna opera era esposta, era stato insignito della medaglia d’argento…) si fecero buoni interpeti tanto la <<Gazzetta di Parma>>, nella persona del Rabbeno che ne teneva la guida redazionale(52), quanto stimati uomini di cultura come Alberto Rondani(53).
Il 18 settembre il Congresso artistico teneva la sua ultima seduta in un clima di acceso entusiasmo, e compiuti i lavori <<ognuno di loro che parteciparono al Congresso potea compiacersi, riconoscendo il molto fatto in breve tempo>>(54): tutte le questioni proposte alla discussione delle diverse sezioni erano state affrontate e numerose e stimolanti erano state le proposte avanzate, tanto che i membri del convegno, prospettando un nuovo, importante momento di confronto in cui dibattere le grandi questioni didattiche e di organizzazione legate alla ripresa culturale ed economica della vita artistica, prima di sciogliersi preannunciavano un nuovo congresso nazionale, che avrebbe dovuto tenersi a Milano nel 1872, <<nella occasione della inaugurazione della statua di Leonardo da Vinci, coincidenza solenne, analoga a quella del primo Congresso>>(55), secondo una formula organizzativa che a Parma si era rivelata fortunata. Era dunque con legittimo orgoglio campanilistico che il cronista della <<Gazzetta>> poteva concludere il suo circostanziato resoconto sul Congresso artistico sottolineando che <<Non avesse dunque ottenuto altro successo che quello d’avere piantato le prime basi d’un annuale convegno degli artisti che con amore e intelligente zelo vogliono studiare tutte quelle proposte atte a far rivivere in Italia l’arte cotanto negletta, il primo Congresso Artistico Italiano sarebbe abbastanza benemerito>>(56).
In chiusura di seduta il prefetto rendeva noto che con telegramma del ministro della Istruzione pubblica veniva annunciato il conferimento della croce della corona d’Italia a Pietro Martini e ad Agostino Ferrarini, la nomina a <<Grande Uffiziale>> del presidente del Congresso, conte Luigi Sanvitale, e ad <<Uffiziali>> dei due vicepresidenti, Francesco Dall’Ongaro e Federico Maldarelli(57). Al termine dei lavori venivano votati ringraziamenti alla Società filodrammatica degli Operai ed alla R. Scuola di Musica <<che offersero trattenimenti gratissimi e degni di molta lode>>, e alla città di Parma <<per la lieta accoglienza con che venivano gli artisti accorsi al Congresso, festeggiati>>(58).
Concludeva il memorabile evento un festoso banchetto con più di sessanta convitati, che favorendo una volta di più l’intreccio di esperienze e l’aggregazione <<in fratellevole raduno>>, tra versi improvvisati, brindisi, ed evviva al re, all’Italia e all’arte, di artisti <<dalle più lontane parti d’Italia>> convenuti, appariva agli organizzatori  e alla città stessa (puntualmente informata dalla circostanziata cronaca del solito Rabbeno) una sintesi quasi emblematica dell’intensa partecipazione ideale e sentimentale che aveva connotato il primo Congresso Artistico, ben espressa dai versi che nell’occasione il Martini improvvisava all’indirizzo degli artisti che a Parma erano accorsi inebriati dall’ambizioso progetto di un’arte nazionale che superasse le diverse declinazioni regionali: 


Come colui che faticosamente
A segno intende non tentato prima,
Né avvien che lungo adoperar l’opprima
E, al suo fin giunto, ristorar si sente;

Così al vedervi, o cari, unitamente
Per far che torni l’arte patria in cima
Col sentimento che allieta e sublima,
Esclamo: allor che vuol, l’uomo è possente.

Non so dir, se buon genio, o caso fosse,
Che m’inspirò il pensier, che diemmi lena,
Io solamente so che amor mi mosse.

E mentre orribil nembo si scatena
Che d’uman sangue fa le glebe rosse
Umanità per noi si rasserena(59).

 

 


NOTE
(1) <<Ecco , io mi diceva, che il Villari non ha parlato  a chi non voleva ascoltarlo: il Martini prima e meglio d’ogni altro, è entrato nel concetto dell’illustre relatore quando pure questo concetto non fosse già stato anche del Martini; e la Mostra che ha promosso quest’ultimo, inizia forse nell’arte quella rivoluzione lenta e sicura cui accennava il Villari>>.  A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale d’Arti Belle in Parma, in Scritti d’arte, Parma,  Stab. tip. di P. Grazioli, 1874, p. 42.
(2) Relazione generale intorno il Primo Congresso Artistico Italiano, e la contemporanea Esposizione Nazionale in Parma 1870, in Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871, p. 189.
(3) Sulla vicenda dell’erezione di una <<statua colossale>> del Correggio, si veda Ragguagli ufficiali, <<Il Primo Congresso Artistico Italiano e l’Esposizione d’Arti Belle in Parma nell’anno 1870. Giornale ufficiale per gli atti del Congresso e dell’Esposizione suddetta>>, Parma, P. Grazioli, 1870-1871, a. 1870, n. 1, p. 3.
(4) <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 1, p. 4.
(5) Ragguagli ufficiali, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 2, pp. 9-10 :  9.
(6) Ibidem
(7) Oltre infatti ai vice-presidenti Michele Lopez e Francesco Scaramazza, e al segretario Pietro Martini, l’Accademia parmense di Belle Arti vi era rappresentata dai professori Nicola Aquila, Enrico Barbieri, Luigi Bettoli, Guido Carmignani, Agostino Ferrarini, Girolamo Magnani e Carlo Raimondi. Rappresentanti del Municipio erano il Sindaco, Pietro Laviosa, Giovanni Passerini, Salvatore Riva e Giusepe Rizzardi-Polini., mentre il Consiglio Provinciale era rappresentato da Francesco Bianchi, Emilio Casa, dal marchese Guido Dalla Rosa e dai deputati al Parlamento Marcello Costamezzana e Pietro Torrigiani.
(8) <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 2, p. 12.
(9) Relazione generale…, cit, p. 191.
(10) Ibidem
(11) <<Chi ha veduto poco più di un mese fa, la spaziosa corte del palazzo dell’Università degli sudii, qual’era, tutta quanta ingombra di rottami […] meraviglia ora, e compiace assai al contemplare quell’istessa corte, che va trasformandosi, quasi per incanto, in un elegantissimo giardino. Qua e là  ben disposte aiuole; nel mezzo una specie di ampio e tondo rialzo, attorniato da riparo di foggia rusticale, eppur graziosa; il qual rialzo, allorché avvenga la Mostra artistica, sarà luogo dato a Musicanti, che rallegreranno con soavi armonie i visitatori delle opere, nelle arti del disegno, che sieno esposte in quella occasion solenne. Qualche pianta già verdeggia nel giardino, ed allorché, approssimandosi il tempo della Mostra, si vedrà il suolo variamente colorato da’ fiori, e di questi farsi pompa anche in vasi; ed altre piante aggiungersi, per certo sarà spettacolo il più adatto ad una festa, in cui tutto vuol essere soavità e gentilezza. Gaiamente tinteggiate le mura intorno della stessa corte e l’atrio; e pur tinteggiati a nuovo, conforme si convien meglio ad una Esposizione, quale sarà la nostra, i corridoi; rabbellito insomma tutto quanto l’edifizio, ne verranno conseguenze, onde sarà dimostrato una volta di più come il bene sia produttor di bene, anche indiretto. Infatti queste riparazioni, queste novazioni sì gradevoli rimarranno in beneficio durevole dell’università degli studi: cotalchè un poeta direbbe che le arti graziose, ricevendo ospitalità nella sede delle scienze, rispondono al favore col lasciare care traccie del loro soggiorno>>. Cose recenti, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 4, pp. 29-30.
(12) Regolamento per la Mostra Nazionale di Belle Antiche si aprirà in Parma dal 1° Settembre al 15 Ottobre 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1870.
(13) Ibidem. Pare di cogliere in questa precisazione la volontà , da parte del Comitato esecutivo, di contenere la valenza decorativa dei dipinti (che troppo facilmente attirava un pubblico generico, incline a intenderli più come oggetti di arredamento che come frutto di espressione artistica), secondo una tendenza inaugurata fin dal 1846 dalla Società Promotrice di Belle Arti in Torino, che aveva disposto di esporre le pitture senza cornice ma racchiuse solo da un semplice listello.
(14) Regolamento..., cit. p. 10.
(15) Regolamento..., cit. p. 12.
(16) La <<Gazzetta d’Italia>>, periodico fiorentino, accusava il Comitato parmense di aver <<mandato in giro stampati dai quali risultano molte parole e poche cose con poca chiarezza esposte>> tanto che <<arrivati in fondo alla lettura di molte frasi saltellanti sui trampoli, dovemmo confessare di averne capito poco>>. Sulla querelle aperta dalla <<Gazzetta d’Italia>> e riproposta con grande risalto dai periodici locali, la <<Gazzetta di Parma>> e <<Il Patriota>>, si veda il pacato ma severo intervento di Pietro Martini ne <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 8, pp. 60-62.
(17) <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 9, p. 71.
(18) Le bandiere, inviate per decorare il grandioso atrio del Palazzo dell’Esposizione, furono poi donate da parecchi municipi <<in segno di fratellevole ricordo alla Città di Parma>>.  Cfr.: Notizie recenti, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 11, p. 84.
(19) Cfr.: Atti ufficiali, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 12, p. 89.
(Relazione generale…, cit, p. 192;  Necrologio, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 17, p. 137.
(19) Cfr.: Atti ufficiali, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 12, p. 89.
(20) Cfr.: Congresso. Regolamento pel Primo Congresso Artistico Italiano, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 11, pp. 81-84.
(21) Cosa che di fatto avverrà pochi anni dopo con la legge Coppino che il 23 settembre 1877, dopo averne distaccato i corsi formativi, la trasformava in due enti: il R. Istituto di Belle Arti  e il Collegio Accademico, investito di finalità essenzialmente storico-culturali.
(22) Si vedano, in particolare, l’intervento di Luigi Rocca, segretario della Promotrice torinese, inteso a sottolineare la necessità di rendere itineranti le società promotrici, cui fecero eco alcune figure di carismatica centralità (Carlo Felice Biscarra, Alfredo D’Andrade e Federico Pastoris) che proposero un progetto di statuto per un Consorzio fra le Società di Belle Arti per l’Esposizioni circolanti in Italia (Cfr::  <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 9, p. 69; n. 19, p. 154); il Progetto di un consorzio a premi perpetui per incoraggiamento alle Belle Arti di Vincenzo Bertolotti, che comportava l’impianto di una società con 200.000 azioni e un capitale di 10 milioni allo scopo di formare <<una Grande Galleria Nazionale di opere moderne>>, con esposizioni e grandi premi  (Cfr:. <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 28, p. 217)  ; la Proposta dell’erezione di una galleria moderna, di Carlo Zatti, pittore di Brescello (Cfr:. <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 29, p. 225).
(23) Inaugurazione del Primo Congresso Artistico Italiano e della Esposizione Nazionale di Belle Arti, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 212, 12 settembre 1870.
(24) Congresso, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 13, p. 99.
(25) Esposizione artistica, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 211, 10 settembre 1870.
(26) Inaugurazione del Primo Congresso Artistico Italiano e della Esposizione Nazionale di Belle Arti, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 212, 12 settembre 1870.
(27) Ibidem
(28) Relazione della prima adunanza generale (giorno undici settembre 1870),  in  Atti Ufficiali…, cit., p. 29.
(29) Inaugurazione del Primo Congresso Artistico Italiano…, cit., <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 212, 12 settembre 1870.
(30) Luigi Cibrario, che tanto si era adoperato per la buona riuscita dell’evento (<< egli onorò della sua presenza varii raduni dal Comitato esecutivo; procurò nuovi sussidi; ci rassicurò, ci rese fiduciosi viemaggiormente>>), colto <<da cruda malattia alla vigilia quasi del giorno in cui egli medesimo avrebbe aperto il Congresso>> morì repentinamente il 1° ottobre 1870 Cfr.: Relazione generale…, cit, p. 192;  Necrologio, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 17, p. 137.
(31) Le sezioni così riformate comprendevano: Prima Sezione (sotto la presidenza di Francesco Scaramazza, vicepresidenti Francesco Dall’Ongaro e Antonio Merli): Istituti d’arte – Educazione intellettiva degli alunni e premii – Arti belle considerate nella loro importanza sociale educativa, nell’attinenza con altri insegnamenti, e nella storia;  Seconda Sezione (sotto la presidenza di Federico Maldarelli, vicepresidenti Giuseppe Malvezzi e Alessandro Rossi): Società promotrici – Esposizioni e loro mezzi; Terza Sezione (sotto la presidenza di Antonio Negrin, vicepresidenti Lodovico Cadorin e Giambattista Cecchini): Architettura; Quarta Sezione (sotto la presidenza di Piero Torrigiani, vicepresidenti Luigi Ferrari e Alfredo D’Andrade): Arti Industriali. Cfr.: Relazione generale intorno il Congresso e l’Esposizione, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 23, p. 177-178.
(32) Cfr.: Prospetto statistico delle Opere esposte nell’Esposizione Nazionale di Belle Arti in Parma, in Atti Ufficiali…, cit., pp. 208-209.
(33) P. MARTINI, Esposizione, in  Atti Ufficiali…, cit., pp. 204-205.
(34)  <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 214, 14 settembre 1870.
(35)Cfr.: Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 236, 10 ottobre 1870. 
(36) Esposizione nazionale,  <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 249, 25 ottobre 1870.
(37) Esposizione, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 18, p. 145.
(38) Atti ufficiali, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 21, p. 169. Con questo atto il Ministero, che inizialmente aveva promesso solo 15.000 lire, ne avrebbe erogato 11.000 in premi e 9.000 in acquisti.
(39) P. MARTINI, Esposizione…, cit., p. 205.
(40) Per l’elenco completo degli artisti espositori si rimanda a: Catalogo delle opere esposte nella Mostra italiana d’Arti Belle in Parma 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1870.
(41) A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale…, cit., p. 63.
(42) <<Il Primo Congresso…>>, 1871, cit., n. 32, p. 253.
(43) A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale…, cit., p. 98.
(44) A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale…, cit., p. 80.
(45) A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale…, cit., p. 99.
(46) Cfr.: R. MAGGIO SERRA, I sistemi dell’arte nell’Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, tomo II, Milano, Electa, 1991, p. 643.
(47) Cfr:. Elenco dei premiati, <<Il Primo Congresso…>>, 1870, cit., n. 18, pp. 151-152.
(48) R. MAGGIO SERRA, I sistemi dell’arte…, cit., p. 644.
(49) Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 242, 17 ottobre 1870.
(50) <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 24, p. 179. Sulla vicenda vedi anche: Esposizione, <<Il Primo Congresso…>>, a. 1870, cit., n. 31, p. 241.
(51) Appendice, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 259, 7 novembre 1870.
(52) Cfr.: Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 242, 17 ottobre 1870; Appendice, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 259, 7 novembre 1870.
(53) Cfr.: A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale…, cit., pp. 97-101. 
(54) P. MARTINI, Conclusione relativa al Congresso, in Atti Ufficiali…, cit., pp. 203-204.
(55) Ibidem
(56) Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 240, 14 ottobre 1870.
(57) Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 218, 19 settembre 1870
(58) Ibidem
(59) Ibidem

 

 


 


DIDASCALIE FOTO (a corredo del testo)


Regolamento per la Mostra Nazionale di Belle Antiche si aprirà in Parma dal 1° Settembre al 15 Ottobre 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1870.

<<Il Primo Congresso Artistico Italiano e l’Esposizione d’Arti Belle in Parma nell’anno 1870. Giornale ufficiale per gli atti del Congresso e dell’Esposizione suddetta>>, n. 1 (21 mar. 1870) - n. 50 (8 ago. 1871), Parma,  P. Grazioli, 1870-1871.

Catalogo delle opere esposte nella Mostra italiana d’Arti Belle in Parma 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1870.

 

BIBLIOGRAFIA


Appendice, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 259, 7 novembre 1870

Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871

Catalogo degli oggetti d’Arte ammessi alla Pubblica Esposizione nel Palazzo dell’Accademia Albertina per cura della Società Promotrice delle Belle Arti in Torino, Torino, 1857

Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 218, 19 settembre 1870

Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 236, 10 ottobre 1870

Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 240, 14 ottobre 1870

Cose di città, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 242, 17 ottobre 1870

Esposizione artistica, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 211, 10 settembre 1870

Esposizione nazionale,  <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 249, 25 ottobre 1870

Inaugurazione del Primo Congresso Artistico Italiano e della Esposizione Nazionale di Belle Arti, <<Gazzetta di Parma>>, XI, n. 212, 12 settembre 1870

R. MAGGIO SERRA, I sistemi dell’arte nell’Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, tomo II, Milano, Electa, 1991

P. MARTINI, Conclusione relativa al Congresso, in Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871, pp. 203-204

P. MARTINI, Esposizione, in Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871, pp. 204-205

<<Il Primo Congresso Artistico Italiano e l’Esposizione d’Arti Belle in Parma nell’anno 1870. Giornale ufficiale per gli atti del Congresso e dell’Esposizione suddetta>>, n. 1 (21 mar. 1870) - n. 50 (8 ago. 1871), Parma,  P. Grazioli, 1870-1871

Prospetto statistico delle Opere esposte nell’Esposizione Nazionale di Belle Arti in Parma, in Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871, pp. 208-209

Regolamento per la Mostra Nazionale di Belle Antiche si aprirà in Parma dal 1° Settembre al 15 Ottobre 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1870

Relazione della prima adunanza generale (giorno undici settembre 1870),  in  Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871, p. 29

Relazione generale intorno il Primo Congresso Artistico Italiano, e la contemporanea Esposizione Nazionale in Parma 1870, in Atti Ufficiali del Primo Congresso Artistico Italiano 1870, Parma, tipografia di Pietro Grazioli, 1871 

A. RONDANI, La Prima Mostra Nazionale d’Arti Belle in Parma, in Scritti d’Arte, Parma, Stab. tip. di P. Grazioli, 1874, p. 42

A. RONDANI, Scritti d’arte, Parma,  Stab. tip. di P. Grazioli, 1874

P. VILLARI, La pittura moderna in Italia ed in Francia. Classi I. e II. Relazione di Pasquale Villari, in Relazioni dei Giurati italiani sulla esposizione universale del 1867, Firenze, Stab. di Gius. Pellas, 1869, pp. 178-235

 

 


 

 
 
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